È la Space Economy la nuova El Dorado su cui puntano gli
investitori. Questo il tema del seminario organizzato dalla SIOI, la Società
italiana per l’Organizzazione Internazionale. Alla tavola rotonda aperta a
Roma, lo scorso 28 maggio a Palazzo Venezia, si è parlato della sinergia nel
settore tra istituzioni, ricerca e industrie. Oggi l’economia aerospaziale
rappresenta un comparto, che nel mondo fattura ogni anno 300 miliardi di euro,
con una crescita pari all’8%. Le applicazioni dell’industria dell’aerospazio
sono tante e di uso comune. Basta pensare al GPS, ai cellulari, alle previsioni
meteorologiche.
Lo spazio, inizialmente oggetto di interesse da parte del
settore scientifico e militare, ora è preso di mira dai privati, che cercano
qui capitalizzazioni sempre maggiori. Stati Uniti, Russia e Cina sono da tempo
protagonisti noti della Space Economy, ma è il caso del Granducato di
Lussemburgo a condensare il cambiamento profondo che questo comparto sta
attraversando. «Uno Stato piccolo, che è sempre stato conosciuto come sede
finanziaria, ora si è deciso a investire nello spazio, perché l’idea che si
possano sviluppare attività per acquisire materiali e minerali che esistono
negli asteroidi e nell’universo, oggi è quantificabile dal punto di vista
economico» spiega Marcello Onofri, presidente del CTNA, il Cluster Tecnologico
Nazionale Aerospaziale. «Solo per realizzare la mappatura di ciò che c’è negli
asteroidi, si genera un business importante. In Lussemburgo, vedendo
l’opportunità, pensano di raggiungere quest’obiettivo attraverso una sensoristica
già sviluppata in campo spaziale. Un lavoro che è possibile fare senza muoversi
dalla Terra e che produce ritorni economici da ora ai prossimi anni».
Da qui
l’importanza del ruolo rivestito dal CTNA, che raggruppa alcune tra le
istituzioni più importanti del settore, come ASI (Agenzia Spaziale Italiana),
CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) e molti distretti regionali: un
connubio di enti che canalizza i finanziamenti europei, facendoli diventare
progetti capaci di vincere sfide anche a carattere internazionale. L’Italia,
infatti, sta investendo in maniera sempre più consistente nella Space Economy,
grazie anche agli impulsi dell’Unione europea.
L’indotto italiano è di un
miliardo e 600 milioni l’anno, con oltre seimila persone impiegate. Fatturato
che tocca quota un miliardo e duecento milioni di euro nel manufacturing, la
realizzazione di costellazioni e satelliti, e di circa 400 milioni per le
applicazioni e i servizi, cioè l’attività tipica realizzata da piccole e medie
imprese, per usare i dati satellitari a livello terrestre.
di Lodovica Palazzoli